Termini Imerese: padre Micela, il prete “amico” dei comunisti

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La storia che sto per narrarvi, e che in parte conoscevo, mi è stata ricordata dall’amico Agostino Cangelosi; ed è una storia popolare che ci riporta indietro fin negli cinquanta del novecento. Siamo in un periodo, in verità iniziato qualche decennio prima, in cui quello della emigrazione verso l’America, era nella nostra città un fenomeno parecchio diffuso; problematica che peraltro aveva anche generato un non indifferente calo demografico.

Non tutti però potevano chiedere e ottenere un visto di ingresso negli Stati Uniti. Infatti in America, a causa di una situazione politico-sociale nota come “Maccartismo”, il permesso veniva negato a coloro i quali erano, anche solo sospettati, di essere comunisti. E furono tanti anche i termitani, spesso poveri braccianti, che pur non essendo iscritti al partito e non avendo alcuna tessera, si ritrovarono ugualmente ad incappare in queste leggi. Bastava infatti il solo essersi rivolti alla Camera del Lavoro per il disbrigo di una pratica, o peggio aver partecipato a un qualche sciopero per rivendicare i propri diritti, che si veniva subito schedati dai carabinieri e pure dal clero che non esitava a etichettarli come atei e nemici della chiesa.

A questa logica non si adeguò però un prete, il canonico don Giuseppe Micela; originario di Caccamo e rettore della chiesa di Santa Maria della Misericordia in via Mazzini. Egli infatti, conoscendo bene le situazioni, e con puro spirito di carità cristiana, quando chi voleva emigrare non era palesemente un attivista ed era privo di tessera del partito, a differenza di altri sacerdoti se ne faceva garante presso il consolato e le autorità. E così, sottoscrivendo a sua firma, una dichiarazione a favore del “malcapitato”, certificava che il pover’uomo, seppur segnalato, non era affatto un comunista ne tanto meno un nemico della chiesa.

Anzi aggiungeva, anche se a volte non era vero, che l’infelice e la sua famiglia erano timorati di Dio e partecipavano attivamente alle funzioni religiose. Egli, probabilmente facendo leva anche sul fatto di esser stato cappellano militare, non di rado si recava personalmente pure alla stazione dei carabinieri per convincerli a togliere la schedatura o eventuali note negative a carico di qualche povero diavolo, la cui unica “colpa” era quella di cercare altrove migliori condizioni di vita.

Insomma una sorta di Peppone e don Camillo al contrario, che aveva procurato al prete non poche simpatie tra il popolo. Cosa che a quanto pare lo portò però ad avere anche qualche contrasto con altri “colleghi” del clero termitano, allora numeroso, e di cui era arciprete Padre Formusa. Pure alcuni nostri concittadini, forse indispettiti da questa sua particolare filantropia, lo indicavano spesso come “amicu ri comunisti”. Egli non se ne curava più di tanto e andava fiero del suo altruismo, così come del titolo di commendatore, e delle sue tante medaglie che si era guadagnato durante la prima guerra mondiale e che ogni anno metteva al petto durante la tradizionale sfilata del 4 novembre.

Padre Micela, che era nato il 1° gennaio del 1890, era un fervente devoto della Immacolata; e nella sua chiesa festeggiava con anche una solenne processione la Madonna di Fatima. Egli abitava, accudito da una nipote, in una modesta casa alle spalle della chiesa di San Francesco di Sales e proprio accanto ad un vecchio frantoio. Lo si ricorda di elevata statura, sia fisica che morale; e, da insegnante delle scuole elementari, anche come uomo colto e di spiccata personalità. Si narra pure che Patri Pippinu, come tanti lo chiamavano, era solito allevare galline e conigli in un piccolo spazio esterno sul retro della sua chiesa, proprio accanto al civico museo.

E si dice che una volta, episodio che ancora in tanti simpaticamente ricordano, imboccando una porticina laterale rimasta socchiusa, i polli, in libera uscita, non trovarono di meglio che entrare in chiesa proprio nel bel mezzo di una funzione religiosa. Ci volle un pò di tempo per rimetterli in gabbia, fra le risatine dei fedeli e gli “sciò sciò” del sacrestano e dei chierichetti prontamente intervenuti. Di Padre Pippinu Micela tutti in città serbano comunque un piacevole ricordo; ed egli, sebbene già anziano e malato, sarebbe poi morto l’undici luglio del 1978, volle essere fra quelli che il 19 maggio del 1977 accolsero gioiosamente le sacre reliquie del Beato Agostino Novello.

(Nelle foto lo vedete in primo piano con le sue medaglie e davanti alla chiesa della Misericordia durante l’uscita della processione della Madonna di Fatima).
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