Quando si diventa nonni in fretta e inaspettatamente

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Una notizia inattesa, che lascia sbigottiti: «La nostra “bambina”, che ancora studia e condivide una casa con altre ragazze vicino all’università, è incinta. Lei e il fidanzato sono felici, tra loro va tutto bene, lui lavora e progettano anche di sposarsi. Ma noi, che non abbiamo nemmeno 60 anni, non ci sentiamo ancora pronti per diventare nonni!».

In effetti, oggi che le coppie rimandano sempre più in là il momento in cui diventare genitori, la gravidanza di una figlia che ha vent’anni o poco più è un evento insolito. Di più se i genitori sono a loro volta giovani e attivi, magari impegnati nel lavoro o con altri figli ancora adolescenti. «Diventare nonni in una fase di vita in cui i ruoli di lavoratore, genitore, figlio di genitori anziani sono ancora tutti “accesi” vuol dire aggiungerne uno nuovo di cui farsi carico», nota Benedetta Comazzi, psicologa del centro polispecialistico Medikern di Milano.

«Il lieto evento viene percepito con gioia, ma anche come un ulteriore impegno – con oneri e onori – in una vita già molto piena». Altro aspetto che può suscitare perplessità, il doversi improvvisamente calare in panni che non ci si sente addosso: «Nell’immaginario, i nonni sono persone anziane, con limitazioni fisiche, problemi di salute, un po’ di malinconia. Può crearsi un conflitto con la propria fase del ciclo di vita con compiti evolutivi ancora “giovanili”».

Comprensibile, ma bisognerebbe concentrarsi sugli aspetti positivi: «Diventare nonni quando si è ancora giovani e attivi ha tanti vantaggi: maggiore abilità fisica, mentale, psicologica, maggiore flessibilità, più energie da dedicare ai nipotini. Si è più “sul pezzo” su molte cose, come la tecnologia, le mode, la musica tanti aspetti che possono favorire l’instaurare una relazione con loro quando saranno più grandicelli. Più in generale, avere a che fare con dei pargoletti ha molti effetti benefici “anti-age”.

E, ancora, consente di sperimentarsi in un ruolo “genitoriale” in modo diverso, perché magari con i propri figli si era scelta un’educazione più rigido, mentre con i nipoti ci si può concedere di essere meno inflessibili, anche alla luce dell’esperienza accumulata nel frattempo come madri o padri». A volte la paura dei genitori di non essere pronti per il nuovo ruolo viene ribaltata sulla figlia che sta vivendo la gravidanza: ce la farà a continuare con lo studio? Non si sarà “rovinata la vita” con questa maternità precoce? Troverà mai un lavoro all’altezza della sua preparazione con un figlio già a carico? Sarà in grado di occuparsi del bambino? «La paura è lecita. Ma viviamo in una società che può fornirci anche supporto rispetto al desiderio di formarsi una famiglia e puntare a una legittima realizzazione personale. E poi c’è la volontà dei ragazzi, che può essere una grande forza motrice: non è scritto da nessuna parte che diventare madre o padre quando si è ancora giovanissimi oggi imponga di rinunciare a una carriera lavorativa.

La preoccupazione dei “nonni riluttanti” è lecita, ma il modo giusto per gestirla è proprio scegliere di avere un ruolo attivo e di incoraggiamento, parlando con i figli delle proprie ansie e cercando di capire come si può dare loro una mano perché, per esempio, non smettano gli studi e li portino avanti insieme all’accoglienza della nuova vita in arrivo».

Padre Giovanni Calcara, domenicano del convento di Soriano Calabro (Vibo Valentia), sottolinea come «Spesso i ragazzi hanno molta più maturità di quella che gli attribuiamo noi adulti.

Padre Giovanni Calcara

Per noi figli restano sempre il bambino da coccolare o la bambina a cui dire come vestirsi, e perdiamo di vista la loro capacità di autodeterminarsi. Se i ragazzi sono stati educati al valore dell’amore e dell’accoglienza alla vita – e non a una relazione finalizzata solo al “divertimento” che avrebbe potuto avere altre conseguenze, come l’aborto, una violenza o la fuga dell’altro – e sentono di poter affrontare la maternità e la paternità vanno rispettati. Anche perché collaborano al progetto di Dio verso ogni propria creatura, come dice la benedizione solenne della messa nuziale: “Possa avere tu la gioia di vedere i figli dei tuoi figli”.

I ragazzi vanno aiutati: devono poter contare sull’esperienza dei propri genitori, anche per poter concludere un eventuale iter scolastico e non perdere future opportunità. Mettersi in discussione nei confronti della vita non è facile: a volte i coniugi hanno le proprie sicurezze, magari la famiglia aveva programmato altre mete o impegni – l’acquisto di una casa, una vacanza tanto sognata, … – , e accompagnare un figlio o una figlia in una gravidanza significa rimettersi in discussione.

E allora la paura non è per i figli, ma propria: non tanto di diventare nonni, ma di andare incontro a qualcosa di nuovo. Ma il Signore ama chi ama la vita: chi si apre a un progetto non può che godere delle benedizioni di Dio».

 

 

 
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