Termini Imerese: la vigilia dell’Epifania si battezza il Crocifisso

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Termini Imerese era città ricca di antiche tradizioni che purtroppo con il passare degli anni, anzi dei secoli, si sono perdute. Tra queste ce n’è una molto curiosa che si svolgeva il pomeriggio del 5 di gennaio vigilia della Epifania e di cui troviamo menzione in una pubblicazione del 1876 dell’Archivio Storico Siciliano; un testo che si stampava a Palermo presso lo stabilimento tipografico Virzì in via Centorinai.

Qui, a pagina 175, in un capitolo interamente dedicato alle sacre rappresentazioni di Sicilia, si racconta di un antico rito in uso tra il XVIII° ed il XIX° secolo e che era quello del battesimo del Crocifisso. Ecco cosa è testualmente scritto:

“In Termini nelle ore pomeridiane, cosa insolita secondo i riti ecclesiastici, si celebra messa senza consacrazione; il maggiore del coro porta in braccio un bambino (un tempo era una croce), e lo presenta al celebrante, che lo riceve genuflesso e lo bagna dell’acqua, dianzi benedetta”. – La lettura di queste righe ci fa capire che si trattava quindi di una tradizione ben più antica, probabilmente settecentesca, e che in origine aveva come “protagonista” un Crocifisso. Doveva essere una bella festa ed una suggestiva celebrazione che, attraverso la aspersione o la immersione della Santa Croce nell’acqua benedetta, intendeva con molta probabilità rievocare il battesimo di Gesù nelle acque del fiume Giordano.
Ad ogni buon conto, lo stesso testo riporta del fatto che di simili benedizioni si trovava formula in un rituale romano del XVI° sec. – Non so dirvi quando questo singolare rito ebbe ad interrompersi; è però quasi certo, ed è quanto riportato nello stesso libro, che esso fosse stato introdotto a Termini Imerese dalle chiese greche di Sicilia. Ed a proposito di Crocifisso eccovi una bella preghiera, probabilmente del tutto personale, che ebbi modo di ascoltare tanti anni fa da una anziana signora di Termini Imerese e che così faceva:

O Signiruzzu ca ‘ncruci stati,
pirdunati li me piccati;
pi sta piaga ca aviti ‘mpettu
a li me peni dati risettu.
Vui ca ‘ntesta li spini tiniti
saluti datimi e sirinitati.
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