Termini Imerese: u cozzu ri furmiculi e u roggiu ri cappuccini

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Oggi tagliata in due da una strada, a sua volta protetta da un alto e possente muro, non è più nemmeno immaginabile che qui, anticamente, vi fosse una bella collina che tutti chiamavano popolarmente “u cozzu ri furmiculi”.
 
Siamo davanti alla chiesa dei Cappuccini; e qui, ancora all’interno della vecchia cinta muraria che in questa zona veniva identificata come contrada Garita, dentro delle povere tende trovarono alloggio alcune famiglie sfuggite al tragico terremoto che nel 1906 colpì la nostra città distruggendo tantissime case.
 
Fu quello uno dei numerosi accampamenti; e ciò di cui vi parlo è documentato da questa suggestiva foto di Santi Bordonaro che ho ripreso dall’ultima interessante pubblicazione dell’amico Giuseppe Catanzaro, oggi non più fra noi, dal titolo “Dal particolare alla storia”. Si vede in alto proprio la chiesa di San Girolamo e Santa Rosalia, edificata nella prima metà del XVII secolo, con l’attiguo convento che successivamente verrà trasformato in ospedale con il nome di “SS. Trinità”.
 
L’area, in alcune parti alberata e terrazzata, scendeva verso il basso fin quasi al torrente Barratina; e proprio nella parte che qui si vede in foto, qualche anno dopo venne aperta anche l’ultima porta della città, che prese il nome di Porta dei Cappuccini o dei Cavallacci. Ma un’altro particolare, che nella seconda foto meglio si apprezza, è la presenza, sul tetto del convento, di una torretta con un bellissimo orologio che batteva le ore su due campane sovrapposte. Era molto simile a quello che si trovava nella chiesa di San Francesco di Sales; e in quegli anni, u roggiu ri cappuccini, per come lo si chiamava, fu molto utile a tanti nostri antenati.
 
Infatti, oltre che suonare le ore, grazie alla sua favorevole posizione e soprattutto per il fatto che ancora non vi fossero tanti obbrobriosi palazzoni, veniva visto in lontananza anche dal sottostante quartiere di Porta Baddoma e quasi fin verso Porta Messina. Non so dirvi quando venne dismesso, e nessuno degli anziani con cui ho parlato se ne ricorda; ma in un documento dei primi anni venti del secolo scorso, che mi è capitato fra le mani, se ne parla per un intervento di manutenzione. Purtroppo, nel corso dei decenni, la nostra città ha perso gran parte del suo patrimonio artistico e culturale, che sarebbe servito per ricordarne la storia e raccontarne la vita.


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