Termini Imerese: c’era una volta la società dei comunisti

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Erano tempi in cui la politica locale, se pur sanguigna, metteva comunque in primo piano i rapporti umani; e così capitava che talune sedi di partito fossero ugualmente frequentate anche da chi di quella “fazione” non era. Fu così per esempio con “a società ri comunisti”; che, fin negli anni sessanta del novecento, ebbe la sua sede al Belvedere dove è oggi un noto locale di ristorazione.

E non poteva essere diversamente; a quel tempo infatti le sezioni dei partiti erano un vero e proprio luogo di incontro dove tanti si ritrovavano anche solo per discutere e trascorrere il tempo libero. Si giocava a carte, si leggeva qualche giornale; e visto che in tante case ancora non c’era la televisione, si andava pure per vedere la partita o il festival di Sanremo. Quando si avvicinava il periodo delle elezioni ci si scaldava anche con la politica; e comunque, per il solo fatto di trovarsi in una zona centrale della città, “a società ri comunisti” svolgeva anche una sua importante funzione sociale. Peraltro a Termini Imerese, e proprio in quegli anni, il Partito Comunista Italiano, risentiva dell’influsso di un grande personaggio, nostro concittadino; ovvero di quel Girolamo Li Causi che in Sicilia ne era stato il primo segretario.
Nell’ampio locale c’era qualche tavolo, un congruo numero di sedie, e la immancabile bandiera rossa con falce e martello. Quella stessa bandiera che Nino, il custode, portava al corteo del 1° maggio o sventolava orgogliosamente in occasione di qualche comizio; quando la folla, incitata dall’oratore, con il pugno chiuso cantava: “…bandiera rossa la trionferà…”.

Nino, popolarmente conosciuto con la ‘nciuria di “Ninu u comunista”, era un brav’uomo che teneva in ordine il locale e sbrigava commissioni; non di rado infatti, in cambio di qualche piccola mancia, veniva mandato in piazza per comprare giornali e sigarette. Già avanti negli anni, aveva carattere schivo e taciturno; e però, il suo animo sensibile, era rimasto quello di un bambino. Nino, per quel che si ricorda, non di rado dormiva nello stesso locale; e con la sua inseparabile coppola in testa e una “abbondante” giacca, lo si vedeva spesso seduto davanti alla porta mentre, con sottili canne e carta velina, costruiva con maestria coloratissimi aquiloni. E così, quando la leggera brezza marina saliva a mitigare la calura estiva, lui era sempre all’altro lato della strada; dove, appoggiato alla ringhiera del belvedere, tirava un lunghissimo filo e tra lo stupore dei passanti gioiva nel vedere le evoluzioni delle sue “creature” che volavano sempre più in alto fin quasi a scomparire.

Alla “Società ri comunisti”, così come in altri circoli cittadini, si tenevano anche feste di matrimonio. Si trattava in genere di povera gente che non poteva permettersi l’affitto del salone del Grand Hotel o quello del vicino Circolo Margherita. In quella occasione era festa pure per Nino che guardava divertito le tante coppie ballare al suono di una piccola orchestrina o di un giradischi, e che, oltre a qualche regalia, aveva modo di racimolare anche lui dolcetti e rosolio e una manciata di “calia e simenza”.

CONTENUTO E FOTO A CURA DI NANDO CIMINO

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