Un po’ d’ansia è normale, purchè non diventi panico e quindi blocco. I genitori posso
essere d’aiuto non lasciandosi prendere anche loro dall’angoscia e stimolando l’autostima
dei figli.
«Non riesco a dormire, sogno di essere seduta davanti ai prof della commissione e non
ricordare nulla»: con Giorgia, 18 anni, migliaia di studenti vivono le settimane prima della
maturità come una corsa a ostacoli fatta di paure, perfezionismo e angosce crescenti.
Secondo un sondaggio di ScuolaZoo su 5mila maturandi, il 69 per cento degli studenti
dichiara di essere in pensiero da mesi per l’esame. Per un'altra indagine, riportata da
Orizzonte Scuola, il 92,6 per cento degli studenti si sente preoccupato in vista della
maturità, mentre il 36,6 per cento sostiene di avere addirittura attacchi di panico al solo
pensiero. Giorgia si confida con la mamma in cerca di conforto, ma la sua ansia è
contagiosa: e non sono pochi i genitori neanche che, in qualche modo, finiscono per
rivivere attraverso i figli “l’incubo maturità”.
«L’esame di maturità è sicuramente un
passaggio importante, perché ci si mette alla prova su un lungo percorso compiuto»,
ammette Benedetta Comazzi, psicologa a Milano. «È un momento di valutazione, di
giudizio, e ciò di per sé comporta una quota di ansia. Ma molto spesso c’è ansia dovuta al
fatto che rappresenta anche un’evoluzione: da una fase adolescenziale a una fase adulta,
dall’essere studenti al “cosa voglio fare da grande”. Quindi è un passaggio che viene visto
come cruciale rispetto al proprio futuro, e a volte si ha l’erronea percezione di dover
arrivarci sapendo già cosa ci sarà dopo. In realtà ciò non è assolutamente detto, e non si è
nemmeno tenuti a sapere cosa debba accadere dopo aver superato il fatidico esame».
Bisogna tener presente che esistono due tipi di stress: «Il cosiddetto “distress”, lo stress
cattivo, la forma più comune, per il quale abbiamo a che fare con stimoli che ci agitano, ci
preoccupano, ci mettono ansia; e l’“eustress”, lo stress buono, la condizione di attivazione
che, anziché bloccarci, ci rende lucidi e ci spinge a essere performanti. Bisognerebbe far
sì che quello per l’esame di maturità fosse del secondo tipo, una carica per rendere al
meglio». È chiaro che i genitori non possono fare molto sui propri figli per trasformare il
loro evidente distress in qualcosa di utile, ma sicuramente possono aiutarli in modo
“periferico”.
Continua la psicologa: «Per esempio, per affrontare l’esame è importante
pianificare bene lo studio e organizzare un programma che preveda anche delle regolari
soste: i genitori possono dare una mano nel planning, se il ragazzo è in difficoltà. Oppure
possono aiutarlo a scandire le pause, proponendo magari una passeggiata, un aperitivo o
una merenda insieme. O, ancora, possono prestarsi ad ascoltare il ragazzo o la ragazza
quando ripete un argomento, per allenarsi all’orale. È anche importante avere uno stile di
vita sano: e quindi mamma o papà possono sostenere i ragazzi cucinando pasti equilibrati,
imponendo un po’ il rispetto dell’ora per andare a letto, spingendoli a non procrastinare
studiando con loro o supportandoli con ricerche… Fondamentale condividere le emozioni
e quindi madri e padri possono aiutarli a tirar fuori le loro preoccupazioni, ma anche
rinforzarli nella capacità di fidarsi delle loro risorse, del lavoro fatto in cinque anni di scuola
e così via». Un aiuto essenziale consiste nel non riversare sui ragazzi le proprie
preoccupazioni: «Ma anche nell’aiutarli a essere realistici: senza sottovalutare o sminuire
l’importanza dell’esame di maturità, ma senza ingigantirlo. Un messaggio importante è
ricordare ai figli che il fatto di impegnarsi nello studio e nella preparazione dell’esame già è
avere un controllo della situazione ed è parte dell’esame stesso. Sottolineando che anche
il voto finale non è un giudizio di valore sulla persona, così da ridimensionarne aspettative
e significato. Tutte queste accortezze possono aiutare a creare un clima sereno nel quale
il ragazzo o la ragazza viva le settimane, indubbiamente faticose, che conducono alla fine
della scuola superiore».
Per padre Giovanni Calcara, domenicano del convento San Domenico di Palermo, «Il
nostro cammino è fatto di appuntamenti, mete, scadenze. Sicuramente quella della
maturità è una tappa che ha segnato la vita di noi tutti, e la “notte prima degli esami” è
diventata un paradigma dell’ansia: cosa si fa in questa vigilia così importante? Ci si riposa,
per essere sereni con se stessi, per capire che le tappe sono un punto di arrivo e di
partenza. Di arrivo perché si conclude il ciclo di studi istituzionale, e di partenza perché il
diploma è una porta per il futuro.

Se si è stati preparati, anche dagli insegnanti e dai
genitori, oltre che dallo studio e dall’impegno personale, l’ansia per l’appuntamento resta,
ma va gestire come altre tappe, nella consapevolezza che è solo una fase di passaggio. I
genitori devono esser vicini ai ragazzi per far capire loro che il loro valore non dipende dal
voto della maturità – che come ogni valutazione umana può essere soggetta a
considerazioni di parte – perché ci saranno tante opportunità nella vita, a livello umano e
anche nel lavoro, per dimostrare ciò che si è. Anche una valutazione deludente può
essere un’opportunità per capire che tappe successive affrontate magari in modo diverso,
possono dare a tutti l’opportunità di recuperare l valore della propria esperienza di studio.
Anche i genitori ovviamente non devono fare drammi se il risultato non è al top delle
proprie attese: ricordiamo che Giuseppe Verdi fu respinto al Conservatorio perché non
ritenuto all’altezza…».
Mariateresa Truncellito
In “Maria con te” n. 22 del 1 giugno