Gli adolescenti mentono per vari motivi: bisogno di approvazione, voglia d’indipendenza, paura di deludere…
Come reagire? Valutando le conseguenze di volta in volta
Desta più preoccupazione in famiglia il ragazzino e la ragazzina che diventano improvvisamente taciturni o quelli che parlano ma mentono? I bambini a volte inventano storie fantasiose in caso di “marachelle” – vestiti sporchi, matite e gomme perse, giocattoli rotti… – per cercare di evitare una temuta sgridata.
Crescendo, le bugie servono di più per agire indisturbati: rassicurazioni sui compiti (non) fatti per poter continuare a passare il tempo con la play, uscite col maranza visto di malocchio da papà, la serata trascorsa in un locale dove servono alcolici invece che a casa dell’amica, il rientro fuori orario giustificato con il bus che non passava, il treno preso di nascosto per andare in un’altra città sostenendo di trascorrere la giornata nel parco più vicino…
Il genitore magari ci casca la prima volta, la seconda perdona o si fa una risata, ma alla terza si sente preso in giro: di più se all’adolescente viene concessa una certa libertà e, soprattutto, fiducia. E la voglia di “ritirare la mano, visto che si è preso anche il braccio”, dopo una strigliata e magari una punizione, diventa forte.
Ma è la strategia migliore? «La bugia, soprattutto nell’infanzia, rappresenta una fase evolutiva normale, che va via via scemando con la crescita: è una modalità espressiva della fantasia del bambino, ma anche dei bisogni e delle paure, una sorta di spazio intimo», premette Benedetta Comazzi, psicologa a Milano. «Poi cambiano le motivazioni per le quale i ragazzi mentono, ma rimane il concetto di bugia come “spazio segreto”. Gli adolescenti dicono bugie per bisogno di approvazione, desiderio di indipendenza, paura di deludere: ma resta comunque un modo per mantenere la privacy, costruire un proprio mondo, e anche le menzogne fanno parte, almeno sotto certi aspetti, del processo verso l’autonomia.
I ragazzi hanno una sorta di illusione che mentendo creano uno spazio che non può essere invaso dai genitori. A volte la bugia serve a coprire una trasgressione, oltre a essere una trasgressione in sé: l’adolescente non ha ancora uno sviluppo cerebrale tale da renderlo in grado di capire appieno le conseguenze delle proprie azioni e quindi tende a trovare una soluzione a breve termine di un problema: “Dico una bugia e poi in qualche modo me la caverò, intanto mi evito la sgridata o la punizione”».
Insomma: è inevitabile che qualche bugia venga detta. «La reazione credo debba dipendere dalla bugia: se non è dannosa, se non mette a rischio l’incolumità del figlio, si può fare finta di niente o lasciar passare la trasgressione», continua la psicologa. «Se invece copre qualcosa di grave e pericoloso, è chiaro che il genitore ha il dovere di intervenire, educando, rimproverando, spiegando perché ha sbagliato. Sicuramente più c’è una comunicazione aperta tra genitori e figli, una connessione priva di giudizio – un aspetto che porta moltissimo i ragazzi a mentire – è probabile che il ragazzo sia meno invogliato a dire bugie. E anche quando le si scopre, è importante riconoscere il punto di vista emotivo nostro, ma anche quello del ragazzo: c’è la nostra frustrazione, la rabbia, la paura per ciò che è successo, ma anche le sue ed è importante dare spazio alle emozioni di tutti. Poi è importante cercare di sottolineare l’importanza dell’onestà ed essere un buon esempio, per cui evitare di essere noi i primi a dire bugie perché i bambini imparano vedendoci, aiutarli a ragionare sulle conseguenze – anche per gli altri – sia della bugia che dell’azione così coperta».
Per padre Giovanni Calcara, domenicano del convento San Domenico di Palermo, «essere genitori oggi significa anche dare ai ragazzi la possibilità di essere se stessi: pretendere di avere sempre tutto sotto controllo non va in questa direzione. La crescita implica anche modalità di comportamento che sono diverse dalle nostre, e ciò presuppone anche una reciproca fiducia: se il genitore vigila eccessivamente la libertà dei ragazzi, questi tendono a fuggire.

Anche attraverso la bugia sui compiti fatti, sul mancato mantenimento degli impegni, sulle compagnie… per la paura del giudizio di un padre o di una madre, che, alle volte, hanno un atteggiamento soprattutto punitivo. Il genitore nella quotidianità – e fin da quando il figlio è piccolo – dovrebbe essere invece capace di fargli capire che di lui si può fidare, che non deve avere paura perché ogni inciampo, ogni lacuna, ogni “fessura”, come dice papa Francesco – compreso un periodo scolastico non eccellente – non è la fine del mondo e si può riparare. Il problema spesso è che noi adulti nel confronto con i ragazzi pretendiamo di sapere già tutto secondo il nostro criterio valutativo: ma se mente sul luogo dove è stato, e non ci vediamo niente di male nel posto, forse sta nascondendo con chi ci è andato e allora il problema non è la bugia, ma la frequentazione di persone che potrebbero costituire un pericolo. Mantenere la fiducia è fondamentale per non perdere di vista le cose che contano, e la base per riuscirci è non essere percepiti come un tribunale: non bisogna fermarsi al giudizio, ma affiancarsi ai ragazzi, se li si vuole capire».
Mariateresa Truncellito
In “Maria con te” n. 5 del 2 febbraio