La lettera del diavolo: il mistero più gotico della Sicilia svela un segreto a 400 anni di distanza

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Preparati a immergerti in un racconto da brivido, ma 100% reale. Nel 1676, suor Isabella Tomasi, meglio nota come Maria Crocifissa della Concezione, venne trovata nella sua cella del monastero benedettino di Palma di Montechiaro con il volto e le mani coperte d’inchiostro. Accanto a lei, una lettera scritta in un alfabeto incomprensibile. Disse alle consorelle che era stata dettata direttamente dal Diavolo.

Il manoscritto, composto da circa quattordici righe, mescola caratteri somiglianti al greco antico, al latino, al cirillico, a simboli runici e ad altri segni sconosciuti. Nessun linguista o storico riuscì a decifrarla per secoli. Il documento fu catalogato come un’opera di origine demoniaca o come il prodotto di uno stato psicotico.

Nel 2017, però, un gruppo di studiosi catanesi applicò un algoritmo di decifrazione utilizzato nell’analisi del deep web. Il software ha permesso di isolare alcune parole: “Dio pensa di poter liberare i mortali”, “sistema funziona per nessuno”, “questo inferno è certo”. Frasi slegate, inquietanti, enigmatiche. Nessuna interpretazione univoca è stata data, ma il mistero si è riacceso più forte di prima.

A rendere la storia ancora più affascinante è il legame tra suor Maria Crocifissa e la famiglia Tomasi di Lampedusa: era infatti antenata diretta dello scrittore de “Il Gattopardo”. E ancora oggi, la lettera è conservata nel monastero di Palma di Montechiaro, mentre una copia è esposta nella Cattedrale di Palermo.

È un frammento di Sicilia che mescola fede, folklore e paura. Una reliquia inquietante che ancora oggi interroga storici, linguisti e credenti. E una sola domanda resta aperta: chi ha davvero scritto quella lettera?

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