Quando il compagno di classe preferito sceglie un altro istituto, si può andare in crisi. Ma è anche un’occasione per nuove amicizie
Contrasti con qualche insegnante, un debito da riparare vissuto come un’ingiustizia, una personalità dissonante rispetto alla classe: a volte per raddrizzare un andamento scolastico traballante si tenta col cambiamento di sezione. Nuovi docenti, nuovi compagni potrebbero servire a rasserenare uno studente che sembra demotivato più da problemi caratteriali che da difficoltà nello studio.
È la scelta fatta da Andrea, in accordo con i genitori e la dirigenza scolastica, sperando che il nuovo anno – il quarto delle superiori – sia più sereno del precedente. Tutti contenti, tranne Marco: il fedele compagno di banco, di studi – quanto ha aiutato Andrea a cavarsela con le versioni di latino! -, di partire a calcio, di serate con le ragazze e anche di qualche bravata che teme di perdere l’amico del cuore. Non solo perché la sezione a cui è stato assegnato è in un altro complesso scolastico – e quindi non c’è possibilità di vedersi nemmeno all’intervallo o all’entrata e uscita da scuola – ma anche perché, socievole com’è, Andrea ci metterà pochissimo a trovare nuovi compagni di avventure e Marco pensa di venire presto messo da parte e dimenticato.
Ai suoi genitori sembra un’esagerazione, ma il ragazzo è davvero un po’ triste, al punto di dire, per scherzo ma non tanto, «Quasi quasi cambio sezione anch’io».
«In adolescenza gli amici diventano il punto di riferimento per eccellenza, totalitari rispetto alla famiglia e la possibilità di un allontanamento viene vissuta male», premette Benedetta Comazzi, psicologa a Milano. «Un’altra delle caratteristiche principali di questa età è il percepire gli eventi in modo definitivo, esasperato, è tutto bianco o nero e tutto vissuto emotivamente ai massimi livelli. Per i genitori è importante fungere da mediatori sia nei confronti della paura di perdere un punto di riferimento e quindi aiutare il ragazzo a capire che il cambio di sezione non significa non vedere mai più l’amico, perché, volendo, comunque potranno continuare a prendere insieme il bus o mettersi d’accordo per studiare comunque insieme qualche pomeriggio, visto che non è partito per le Americhe…. È bene anche spiegargli che è normale allargare il proprio giro di amicizie – e ciò vale anche per lui, che magari potrà avere l’occasione per accorgersi di altri potenziali
“amici del cuore” – ma ciò non significa che non si possa continuare a coltivare relazioni importanti. Si può anche incoraggiare il figlio a creare occasioni per rivedere l’amico, così che percepisca che la relazione può continuare nonostante il cambio di condizioni. Il fine, insomma, è cercare di aiutare il ragazzo a scendere a patti con queste sue sensazioni un po’ esasperate rispetto all’evento». Tutto ciò non significa però sminuire la sua tristezza: «Non va vista come un capriccio infantile: è bene prendere in considerazione i suoi bisogni, sia aiutarlo a vedere i bisogni dell’altro.
Il ragazzo manifesta la paura di un abbandono da parte di una persona importante per lui e il desiderio di essere rassicurato rispetto al possibile allontanamento: è importante rispondere a queste sue esigenze, anche indagando se c’è qualcosa di più profondo, per esempio la difficoltà in generale a fare nuove amicizie. Se si iper-investe su una sola persona, è chiaro che quando questa viene meno, domina un senso di smarrimento e solitudine. Ma è anche una buona occasione per aiutarlo a comprendere i bisogni dell’amico sottostanti alla scelta di cambiare sezione che potrebbe favorire il suo benessere e un migliore rendimento scolastico, permettendogli così di “allenare” la propria capacità di essere empatico, indispensabile risorsa relazionale anche nei confronti degli amici che verranno».
Per padre Giovanni Calcara, domenicano del convento San Domenico di Palermo, «Un conto è l’amicizia, un conto il curriculum scolastico. L’amicizia si può mantenere anche senza essere compagni di classe, se è sincera e si ha voglia di continuare a trovare modi per vedersi e condividere hobby e interessi.
Ma un avvenimento di questo tipo è anche un’importante occasione di crescita e per misurarsi con se stessi: se nel rapporto invece che confronto c’era una certa dipendenza, non c’era equilibrio perché uno con la personalità più forte trascinava l’altro nelle scelte, nel modo di pensare o di porsi, la “separazione” forzata potrebbe aiutare a definire l’identità personale, a comprendere che non si può essere sempre condizionati dall’altro – a volte è “comodo” avere un amico che organizza le serate o trova nuove compagnia in cambio dell’aiuto nei compiti – ma bisogna imparare a decidere da soli, anche sbagliando magari. Se davvero la tristezza e la paura sono motivate soprattutto da una forma di dipendenza morbosa dall’amico che si è allontanato, nei casi più problematici potrebbe essere utile un supporto psicologico così che il ragazzo possa recuperare la sua autonomia».
Mariateresa Truncellito
In “Maria con te” n. 36 del 3 settembre
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