Termini Imerese: nasce il quartiere Sant’Antonio

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Intorno ai primi anni trenta del novecento, subito dopo la Porta di Girgenti o di Caccamo come pure è conosciuta, incominciò a formarsi un nuovo quartiere le cui case si estendevano da un lato a toccare la vecchia cinta muraria, e dall’altro fin sulla strada che scendeva giù nella zona detta di Bevuto.

Ne nacquero, come era ovvio, anche alcune nuove strade; che però inizialmente, e così rimasero per qualche tempo, furono semplicemente denominate con lettere dell’alfabeto dalla A alla I. Fu nel 1935 e precisamente il 13 Gennaio, che venne deliberato di assegnare loro un nome che le rendesse più riconoscibili.

E così quella che era la via A divenne via Milano, la B via Torino, la C via Trento, la D via Trieste, la E via Fiume, la F via Zara, la G via Piave, la H via Monte Grappa, la I via Isonzo.

Con lo stesso verbale venne deciso di cambiare nome anche al tratto di strada che iniziava dalla chiesa di Sant’Antonio e che si chiamava via del Mazzarino, facendolo diventare via 28 ottobre; e questo a ricordo della storica marcia su Roma.
Sempre nella stessa occasione fu dato il nome anche ad un ampio spazio che si era creato proprio fra le nuove case , e che venne chiamato Piazzetta Gorizia.
Ma già nel dicembre del 1933 i tecnici del comune avevano pure pensato essere cosa buona il poter collegare il nuovo quartiere con l’Ospedale Civico, attraverso un percorso più breve.
Per far ciò bisognava abbattere un pezzo della vecchia cinta muraria e raccordare così la via E, ovvero Fiume, con la via delle Spine; strada che dall’altro lato si fermava proprio davanti a quel muro.
La cosa non era facile, e non tanto per il muro, ma per un giardinetto privato di mq. 27,45 che i documenti ci dicono appartenesse al signor Vincenzo Cirà; con il quale però si raggiunse in breve un accordo.
La sistemazione di quel nuovo quartiere, avvenuta ad opera del Provveditorato alle Opere Pubbliche, si era resa necessaria non tanto per un aumento esponenziale della popolazione; ma perché a seguito di una frana, forse causata dalla costruzione del nuovo carcere dei Cavallacci, i tecnici del Comune erano strati costretti a fare evacuare gran parte della zona di Porta Baddoma e di Fonte Serio dove tante abitazioni erano crollate.
Peraltro, ad aggravare la situazione, molti avevano subito danni pure per colpa di una disastrosa alluvione avvenuta nell’inverno 1930/31.
Non tutti infatti avevano avuto la possibilità di occupare nel 1934 le case popolari di via Monachelle che erano state di proposito costruite ed ancora oggi conosciute come “Case di Mussolini”.
 
Per l’occasione il Comune volle venire incontro alle esigenze di tante famiglie; ed infatti oltre a dare la disponibilità di quei terreni, diede a chi voleva costruirvi una casa, anche la possibilità di utilizzare gratuitamente le pietre del tratto della cinta muraria che nella contrada detta della “Garita” si estendeva dalla chiesa dei Cappuccini fin giù nei pressi della via Ampelodesimo. Ecco a tale proposito come è scritto nel relativo verbale.
 
“DELIBERIAMO di approvarsi in linea di massima la demolizione, a cura e spese degli interessati, del muro di cinta nel tratto Ospedale Civico-Porta Euracea, onde dar modo ai sinistrati dei due quartieri Fonte Serio e Porta Euracea di utilizzare il pietrame di risulta per le nuove fabbriche a costruirsi nel nuovo quartiere S. Antonino nei lotti di terreno fabbricabile, loro assegnato dallo Stato”.
Nasceva così il nuovo quartiere di Sant’Antonio. Era il mese di giugno del 1934.
 


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