Diventare padri a cinquant’anni: disagio o risorsa?

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Oltre all’imbarazzo di essere scambiati per il nonno, si teme che i figli avvertano il peso di questa “diversità”. Ma la paternità “matura” ha anche degli aspetti positivi.

Edoardo è diventato padre a quasi 50 anni. E adesso viene spesso scambiato per il nonno di sua figlia, quando va a prenderla a scuola, la porta al nuoto o al catechismo più spesso della madre – più giovane – perché lui è in pensione e ha più tempo libero. A volte ci ride, altre fa finta di nulla, quando è indispensabile specifica di essere il papà di Giulia.

Ma nel suo animo vive con una punta di disagio questa situazione. Soprattutto per l’imbarazzo che pensa di creare alla bambina, in mezzo a tanti amichetti con papà giovani che a volte sembrano addirittura fratelli maggiori.

«Molto spesso in queste situazioni non si sa davvero se il problema sia veramente del bambino o invece del genitore», premette Benedetta Comazzi, psicologa a Milano. «Il rischio è infatti di proiettare sugli altri – e con i figli ciò è molto comunque – quello che è una fatica nostra. I bambini hanno molte meno sovrastrutture degli adulti e quindi non danno il significato né il peso che i genitori attribuiscono a eventi o parole, sono molto più spicci e genuini. Per affrontare il disagio, innanzitutto l’adulto dovrebbe chiarire se lo sia solo per lui o anche per la bambina. Io sconsiglio una modalità diretta con la piccola, perché si corre il rischio di metterla in bocca qualcosa a cui magari, da sola, non avrebbe pensato. Però si può utilizzare l’ironia: per esempio se una maestra ha chiesto alla bambina “Oggi è venuto il nonno a prenderti, quando conosceremo il tuo papà?”, poi le si può dire “Hai visto, la maestra credeva fossi nonno Francesco, che ridere!” e aspettare la reazione. Oppure si possono utilizzare disegni o racconti dell’episodio o anche la condivisione dell’esperienza: “Ma sai che una volta, quando ero piccolo, è successo anche a me che scambiassero mio papà per mio nonno? Mi sono sentito in imbarazzo…” e di nuovo vedere se così si riesce a dare voce a un’emozione che la bambina sta provando oppure no».

Se ci dovesse essere una conferma del disagio della bambina? «È positivo che emerga», continua la psicologa. «Se la bambina racconta, per esempio, di essere stata presa in giro dai compagni, diamole voce: “Certo, deve essere stato brutto, triste. Ma tu cosa ne pensi del fatto di avere un papà che è grande?”, dando valore soprattutto alle sue sensazioni, al suo vissuto. La questione può essere affrontata tramite una educazione alla diversità: ci sono libri, cartoni, film per bambini dedicati all’argomento, per far capire alla bimba che nelle differenze con gli altri ci sono elementi positivi, e quali sono in vantaggi di avere un papà “più grande”.

Per esempio il fatto che abbia più tempo per giocare con lei o per andare tutti i giorni a prenderla a scuola». E se invece il problema riguarda più che altro il genitore? «Si aprono molte questioni: la difficoltà di accettare il tempo che passa, l’età che avanza e, magari, sentirsi dei limiti che i giovani non hanno, per esempio meno energie, meno fiato quando si fa a chi arriva prima…

Sarebbe importante, però, anche in questo caso considerare cosa si riesce a dare alla propria figlia, quali sono le proprie risorse e che valore aggiunto ha il fatto di essere un genitore più anziano: l’avere più tempo per godersi l’infanzia della bambina è davvero una cosa molto preziosa, un privilegio che molti madri e padri non hanno perché impegnati col lavoro.

Tutto ciò, però, non dovrebbe essere circoscritto alla relazione padre-figlia, ma dovrebbe coinvolgere anche la mamma- che, magari, potrebbe dire la sua sul fatto di essersi innamorata di un uomo più grande – perché è importante che il bambino percepisca una coesione dei genitori».      

Aggiunge padre Giovanni Calcara, domenicano del convento di Soriano Calabro (Vibo Valentia): «Esistono luoghi comuni e pregiudizi su ogni condizione, e ancora oggi c’è chi non afferra il fatto che una persona può diventare genitore in una età non più verdissima nonostante le statistiche ci dicano che l’età media dei matrimoni è salita a oltre i trenta anni e anche quella della prima maternità in Italia si sposta sempre più avanti: per problemi economici, sociali, mancanza di stabilità lavorativa, difficoltà a comprare casa…. Ma anche la Sacra Scrittura ci ricorda che “l’albero buono dà buoni frutti in ogni stagione”.

Padre Giovanni Calcara

E un papà più adulto rischia meno di incappare nella sindrome del “sono amico di mio figlio”, con una confusione di ruoli che non fa bene all’educazione e alla crescita. È vero però che un genitore che si confronta con padri giovani possa sentirsi spiazzato o che un bambino viva con disagio il confronto con i compagni: bisogna parlarne con apertura e sincerità, al primo equivoco chiarire di essere il padre e non il nonno.

E insegnare alla bimba a fare altrettanto, senza vergognarsi ma con orgoglio: “È il mio papà, gioca tanto con me e viene sempre a prendermi a scuola, mi aiuta nei compiti perché sa tante cose…”. I genitori dovrebbero sempre pensare con coraggio che una nuova vita è un dono del Signore, a qualsiasi età».
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