Madonie: due passi nell’animo creativo e sensibile dell’artista Damiano Macaluso

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Sulle Madonie abbiamo la fortuna di vivere d’arte. Non a caso Petralia Soprana è stata denominata “Città della musica e dell’arte”. 

L’animo creativo può ispirarsi alla vita semplice, per certi versi ancora genuina,  che si respira in questi luoghi ancora quieti, dove il silenzio, seppur accostandosi alla dinamicità della contemporaneità, è sempre fonte primaria d’ispirazione per ogni forma d’espressione che germoglia prolifica nell’animo del sensibile, del perspicace, di colui che in quella  profondità interiore coglie con occhi rapaci una propria bellezza da trasformare in emozione da vivere, da esternare nel collettivo.

E di quel contenuto interiore fa poi dono regalando possibilità  ad altri di poter attenzionare a fondo, di focalizzare un particolare isolato dal generico. È sguardo intimo che poi diventa proposta, diventa messaggio, diventa voce. Uno strappare dalla distrazione quotidiana, l’attenzione che si posa su qualcosa che va a creare  compiacimento, stupore.  Così, quel catturare l’istante che non si ripete, diventa contenuto  prezioso.

Abbiamo avuto il piacere di parlare d’arte, “della sua arte”, con Damiano Macaluso, fotografo madonita, animo profondamente sensibile che si serve dell’uso delle immagini e per lanciare non solo messaggi di bellezza ma anche tematiche importanti di carattere sociale.

Ma adesso, vogliamo conoscerlo meglio. Perché non è sempre così semplice comprendere la complessità del pensiero profondo di un artista. Deve essere lui a darci la chiave di lettura in mano per poter  interpretare al meglio le sue opere comprendendone a pieno il messaggio.

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 Qual è il tuo “Estro d’artista”? Quali sono le tue tecniche utilizzate e da cosa trai ispirazione? Quali i messaggi che emergono dai tuoi scatti? Perché è attraverso l’uso delle immagini figurative che ovviamente emerge il tuo animo…

«Quando si racconta un viaggio, solitamente ci si sofferma sulla destinazione, oppure sul punto di partenza. Ogni scelta nella vita è come un viaggio, di cui è necessario ricomporre i tasselli per averne la giusta inquadratura. Per “inquadrare” il mio viaggio non mi soffermo né sul punto di partenza, né su quello di destinazione, ma preferisco cogliere l’evoluzione del percorso del protagonista di questo viaggio. Si potrebbe pensare che sia io il protagonista di quanto sto per raccontare.

In realtà questo viaggio è stato compiuto da chi, per me, ha guidato ed indirizzato le scelte di tutto un percorso di vita: i miei occhi. Attraverso i miei occhi e mediante il loro sguardo ho costruito un mosaico d’arte che mi ha permesso di diventare non solo un fotografo, ma un artista a tutto tondo. Mi reputo un artista in quanto i miei occhi non si sono mai soffermati ad una visione superficiale delle cose o delle persone, ma hanno scardinato come in un’escalation, ciò che mi stava davanti e che catturava la mia attenzione. Ho fotografato nella mia vita tutto ciò che mi ha incuriosito e che celava un messaggio da poter rendere visibile e comprensibile a tutti. Per questo la mia fotografia è poliedrica: abbraccia qualsiasi tipo di soggetto o di paesaggio con un codice cifrato da svelare.

Codice che solo gli occhi dell’osservatore possono scoprire e farlo proprio, insieme alla mia personale visione ed interpretazione di esso. Avvicino il mio sguardo a ciò che mi incuriosisce, a ciò che sfugge alla mia comprensione, a ciò che è diverso o insolito, scoprendo e regalando inusuale bellezza anche laddove nessuno potrebbe coglierne. Attraverso dettagli di luce, spazi, tempi, colori, forme ho costruito il mio personale bagaglio artistico di tecniche, traendo ispirazione dai messaggi che suggerivano i miei occhi e il mio istinto estetico. Giocando con le luci e le ombre, attraverso un inusuale percorso tra l’arte e le immagini figurative, ho perseguito l’obiettivo di raccontare delle storie mediante la mia storia, in modo da imprimerne il ricordo e fissarlo nel tempo come una vera e propria memoria fotografica degli occhi. Che non necessiti di parole».

Quali progetti, in particolare, sono stati da te trattati sulle tematiche sociali? Alcuni li abbiamo visti in alcune tue riprese e foto, nelle varie edizioni del Presepe d’Incanto, in collaborazione con Leonardo Bruno e Santi Cicardo. Ogni anno ci avete stupiti. Ma poi ci sono state anche delle tue gallerie fotografiche personalissime che hanno davvero fatto riflettere, emozionato…

«Una spiccata sensibilità nonché una grande empatia nei confronti del prossimo, hanno accostato il mio percorso lavorativo a tematiche svariate, con una particolare attenzione a delicati e importanti temi sociali legati all’universo femminile. Nascono così progetti come “Fiori d’ Acciaio”, una campagna di sensibilizzazione alla prevenzione e alla cura del tumore al seno e “Donne Prigioniere” , progetto centrato sulle violenze che sempre più spesso subiscono le donne»

Perché “Fiori d’ Acciaio”?

«Perché la donna è delicata, fragile, eterea come un fiore. Ma, anche un fiore, se messo alla prova, è in grado di mostrare la forza dell’acciaio, per superare le intemperie della sua vita. Questa metafora mi ha concesso di raccontare visivamente la forza che una donna può avere nello scoprire e nell’affrontare un duro, tortuoso e difficile cammino di un tumore al seno, ponendo altresì il focus sulla prevenzione che spesso è la chiave per poter arrivare in tempo ad affrontare una situazione così delicata. “DONNE PRIGIONIERE” nasce invece dall’intendo di lanciare un forte messaggio sociale: quello di sollevare che subisce violenza dal silenzio. Esistono vari tipi di violenza che una donna può subire da un’altra persona. Ma diventa prigioniera prima di tutto di se stessa nel momento in cui non riesce ad esternare ciò che le succede mentre il mondo che la circonda è ignaro di tutto. Messaggi forti quelli che ho voluto lanciare con questi progetti fotografici per aprire gli occhi di tutti su quanto spesso non si vuol vedere, pur essendo alla portata di tutti».

Negli scatti fotografici c’è sempre qualcosa di sé, del proprio pensiero. Appunto perché è un vedere “ampio”. Qual è la tua filosofia di vita, ciò che perseveri e che ti è utile per trovare ispirazione? 

«Provare a descrivere a parole ciò che ispira la mia vita e le mie conseguenti scelte artistiche, è come avere tra le mani un libro. Si guarda la copertina, si leggono delle parole, si sfogliano le pagine. Ma per comprendere realmente ciò che il messaggio che il libro vuole lasciare, occorre andare al nocciolo del contenuto. E il contenuto della mia ispirazione è stato ed è legato fortemente alla mia indole caratteriale.

Un forte istinto visivo, artistico e fotografico ha guidato le mie scelte, ispirandomi e abbandonandomi alle componenti fondamentali che contraddistinguono il mio carattere: il silenzio e la solitudine. Nei silenzi della mia indole solitaria, ho costruito un per gradi, un mondo artistico che seppur silente, si è accostato alla miriade di suoni e di rumori dei mondi paralleli che mi circondavano. Ne è venuto fuori un quadro dai colori meravigliosi, un quadro fatto di scatti molteplici, in cui molteplici e differenti storie si univano alla mia storia. La mia filosofia di vita è un variopinto parterre di fotografie che traggono ispirazione dal vero, dall’emozione, dalla sensazione».

Secondo te, qual è la giusta correlazione che si pone tra artista e società per trarne un vantaggio ovvero apprendere qualcosa da poter conservare?

«L’artista offre la sua arte da cogliere che si manifesta e rappresenta, nata dal suo ingegno e pensiero, intuito creativo. Qualcosa, pertanto, che non resta solo dentro, imprigionato al “proprio sentire”, ma utile al mondo, che si offre in dono agli altri emergendo nel reale, in forme valide che creano supporto nel sociale, maggior apertura e sensibilità come risposta. Così, forse, allo stesso modo anche i problemi, i bisogni e necessità della gente dovrebbero essere abbracciati dalla società e non rimanere isolati chi vive in prima persona in una determinata situazione. Poi libere ed eventuali considerazioni personali.

Ogni creatura d’arte presuppone un’artista e un pubblico a cui si rivolge. E come affermava Pirandello, ogni arte deve avere il suo “dramma”, ovvero la ragione necessaria per cui l’arte possa continuare ad esistere. Nel mio caso, funzione vitale della mia vena artistica, è incastonare il messaggio che voglio comunicare mediante le mie foto, ai vari messaggi che i fruitori della mia arte hanno lasciato a me. E’ un lavoro simbiotico tra il mio io di artista, il soggetto o ciò che fotografo e gli occhi che lo andranno a guardare. Ciò che voglio comunicare in tal modo non rimane solo mio, ma diventa alla portata di tutti».

Ringraziamo Damiano Macaluso per essersi prestato gentilmente alla nostra intervista facendoci ad entrare nel suo mondo creativo e nella profondità del suo pensiero aiutandoci a comprendere quanto possa essere davvero importante soffermarsi nel dettaglio e  cogliere la bellezza che c’è attorno, che può appartenerci se siamo pronti ad accoglierla, farla entrare dentro di noi, a trovargli posto facendola nostra e ancora di più, quanto sia importante, far emergere quella che c’è dentro di noi  mettendola a servizio degli altri. L’arte salverà gli uomini probabilmente, quanto meno la loro umanità.

 

 
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