Strage di Capaci: la storia di Francesca Morvillo, moglie di Falcone e unico magistrato donna assassinato in Italia

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Era il 23 maggio 1992 quando, alle 17.58 una carica di cinque quintali di tritolo fece saltare in aria le auto su cui viaggiavano Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
Nell’anniversario di quel tragico giorno, vogliamo ricordare chi, in quell’attentato, morì per amore: Francesca Morvillo.

Abbiamo già raccontato la storia di Giovanni Falcone e della strage di Capaci in un articolo precedente. Clicca qui per approfondire la storia di Giovanni Falcone. Clicca qui per approfondire la strage di Capaci.

Chi era Francesca Morvillo

Francesca Morvillo nata nel 1945 è il primo magistrato donna assassinato in Italia. Sin da piccola ha sempre seguito le orme del padre, Guido Morvillo, magistrato. Nel 1967 conseguì la laurea con una tesi dal titolo “Stato di diritto e misure di sicurezza”, ottenendo il massimo dei voti, la lode e il premio “Giuseppe Maggiore” per la miglior tesi in discipline penalistiche de 1967.  Durante quell’anno Francesca oltre a preparare la tesi, iniziò a prepararsi anche per il concorso di magistratura, superato egregiamente nel 1968. 
Francesca Morvillo divenne così una delle prime donne magristrato in Italia. 

Giudice del Tribunale di Agrigento in un primo momento, successivamente divenne Sostituto Procuratore al Tribunale dei minori di Palermo.
Chi la conobbe la descrive come una donna molto riservata, calma, sorridente ed estremamente empatica, anche sul lavoro, esercitando il suo ruolo con una grande delicatezza e professionalità esemplare. 
Spinta da una grande forza, lottava per i bambini e i ragazzi che vivevano in condizioni difficili. Inoltre, grazie alla sua sensibilità riusciva a stabilire dei rapporti molto profondi e personali, anche quando era lei a rappresentare l’accusa.

La storia d’amore con Giovanni Falcone

Era il 1979 quando Giovanni Falcone tornò a Palermo, dopo quattordici anni di assenza, per lavorare all’ufficio istruzione della sezione penale, al fianco di Paolo Borsellino. In quel periodo alcuni appartenenti alle istituzioni perseveravano ancora nel dire che la mafia non esisteva, che era solo un’invenzione giornalistica, ignari che poco tempo dopo si sarebbe scatenata una vera e propria guerra civile.

In quel periodo Francesca era già sposata con un docente universitario, mentre Giovanni aveva già un matrimonio alle spalle. Il primo incontro avvenne in casa di amici comuni, fu amore a prima vista. 
Il ruolo scomodo di Giovanni Falcone, la perspicace logica associativa che utilizzava nelle sue indagini e il suo modo di mettere in difficoltà la magia, crearono fin da subito un clima di tensione e rischio non solo nella sua vita, ma anche in quella di chi gli stava vicino. A seguito di queste constatazioni, Giovanni e Francesca scelsero di stare insieme, vivendo la loro storia con la consapevolezza di non poter essere mai davvero liberi. La coppia, infatti, era sempre e costantemente accompagnata da una scorta, che con la massima discrezione divenne parte del loro nucleo familiare. 

Con il trascorrere degli anni la tensione aumentò sempre di più, ma Francesca continuò ogni giorno di rinnovare la sua decisione, non appoggiando solo il suo compagno, ma aiutandolo nel vivo del suo lavoro. Giovanni, infatti, si fidava ciecamente del parere giuridico della sua Francesca. 

Le prime minacce e il matrimonio

Nel 1985, mentre Falcone, Borsellino e gli altri giudici del pool antimafia stavano lavorando a quello che sarebbe stato il primo maxi processo contro la mafia in Italia, i carabinieri intercettarono le prime vere minacce alle loro vite. Cosa nostra, infatti, stava organizzando un attentato.
A seguito di quelle intercettazioni, i giudici e le loro famiglie furono trasferiti immediatamente sull’Isola dell’Asinara, dove sorvegliati a vista trascorsero i mesi prima del processo. Le minacce non scoraggiarono Francesca e il suo amore nei confronti di Giovanni. L’anno seguente, infatti, ottenuto il divorzio dal precedente marito, sposò Giovanni Falcone. Ad officiale il rito civile, quasi in segreto, fu l’allora sindaco di Palermo Leoluca Orlando. 
La coppia si giurò eterno amore dinnanzi alla presenza di pochi familiari e dei testimoni. Infine con molta semplicità al termine della cerimonia, invitò tutti in casa a mangiare qualcosa. 

Chi la conobbe racconta che furono diversi i momenti di tormento e di ansia che le venivano dal condividere la vita con Giovanni Falcone. La sua riservatezza, però, non fece mai trasparire le sue angosce, anzi nei momenti di profonda tristezza e preoccupazione, Francesca stemperava la perdita della libertà con il sorriso. La coppia, Francesca in particolare, desiderava diventare madre, ma scelse che lei e Giovanni non sarebbero mai stati genitori, perché infondo, come aveva affermato lo stesso Giovanni:  “non si fanno orfani, si fanno figli”. 

L’amore oltre ogni cosa

Era il giugno del 1989, quando gli uomini della scorta trovarono nella spiaggia della villa sulla Costa dell’Addaura, una muta, delle pinne e un borsone sportivo con all’interno 58 cartucce di esplosivo, non esplose a causa di un problema detonatore. Quel giorno tutte le paure divennero certezze.
Giovanni Falcone per preservare la coniuge da un destino già scritto le propose il divorzio, lei rifiutò. 
Ancora una volta scelse l’amore, ancora una volta scelse di stare accanto al suo uomo, a prescindere da ogni cosa. 
Oltre che una questione di amore, per lei era diventata anche una questione di principio: cedere alla paura sarebbe significato darla vinta a loro. 

Due anni dopo Falcone venne trasferito a Roma, presso il Ministero di Grazia e Giustizia. Anche in quell’occasione, Francesca fece di tutto per avere un incarico in magistratura per seguire il marito. 
Da Roma, quel 23 maggio 1992 partirono per tornare a Palermo per il fine settimana, come erano soliti fare.

Giunti all’aeroporto di Punta Raisi, Falcone decise di guidare la Fiat Croma Bianca che li stava aspettando. Giuseppe Costanza, autista giudiziario si sedde dietro, mentre Francesca prese posto accanto al marito. 
A precedere la loro auto c’era un’alra Fiat, con a bordo i tre agenti della scorta.
Erano le 17.58 quando l’esplosione colpì in pieno l’auto della scorta, causando la morte immediata degli agenti. 
L’auto di Falcone si schiantò contro i detriti di quella che la precedette. 
Francesca e Giovanni morirono in ospedale, qualche ora dopo l’attentato. 

Anni dopo, l’ex autista di Giovanni Falcone rese noto un biglietto trovato dentro un libro che Francesca aveva regalato a Giovanni:

“Giovanni, amore mio, sei la cosa più bella della mia vita. Sarai sempre dentro di me, così come io spero di rimanere viva nel tuo cuore. Francesca”


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